Principali inquinanti
Il monossido di carbonio (CO) ha origine da processi di combustione incompleta di composti contenenti carbonio. È un gas la cui origine, soprattutto nelle aree urbane, è da ricondursi prevalentemente al traffico autoveicolare, soprattutto ai veicoli a benzina. Le emissioni di CO dai veicoli sono maggiori in fase di decelerazione e di traffico congestionato. Le sue concentrazioni sono strettamente legate ai flussi di traffico locali, e gli andamenti giornalieri rispecchiano quelli del traffico, raggiungendo i massimi valori in concomitanza delle ore di punta a inizio e fine giornata, soprattutto nei giorni feriali. Durante le ore centrali della giornata i valori tendono a calare, grazie anche ad una migliore capacità dispersiva dell’atmosfera. In Lombardia, a partire dall’inizio degli anni ’90 le concentrazioni di CO sono in calo, soprattutto grazie all’introduzione delle marmitte catalitiche sui veicoli e al miglioramento della tecnologia dei motori a combustione interna (introduzione di veicoli Euro 4). - Fonte: ARPA Lombardia -
Gli ossidi di azoto (NO e NO2) vengono emessi direttamente in atmosfera a seguito di tutti i processi di combustione ad alta temperatura (impianti di riscaldamento, motori dei veicoli, combustioni industriali, centrali di potenza, ecc.), per ossidazione dell’azoto atmosferico e, solo in piccola parte, per l’ossidazione dei composti dell’azoto contenuti nei combustibili utilizzati. Nel caso del traffico autoveicolare, le quantità più elevate di questi inquinanti si rilevano quando i veicoli sono a regime di marcia sostenuta e in fase di accelerazione, poiché la produzione di NOX aumenta all’aumentare del rapporto aria/combustibile, cioè quando è maggiore la disponibilità di ossigeno per la combustione. All’emissione, gran parte degli ossidi di azoto è in forma di NO, con un rapporto NO/NO2 decisamente a favore del primo. Si stima che il contenuto di NO2 nelle emissioni sia tra il 5 e il 10% del totale degli ossidi di azoto. Il monossido di azoto non è soggetto a normativa, in quanto, alle concentrazioni tipiche misurate in aria ambiente, non provoca effetti dannosi sulla salute e sull’ambiente. Se ne misurano comunque i livelli in quanto, attraverso la sua ossidazione in NO2 e la sua partecipazione ad altri processi fotochimici, contribuisce alla produzione di O3 troposferico. Per il biossido di azoto sono invece previsti valori limite, riassunti in tabella 2. - Fonte: ARPA Lombardia -
L’ozono (O3) è un inquinante secondario, che non ha sorgenti emissive dirette di rilievo. La sua formazione avviene in seguito a reazioni chimiche in atmosfera tra i suoi precursori (soprattutto ossidi di azoto e composti organici volatili), reazioni che avvengono in presenza di alte temperature e forte irraggiamento solare e che causano la formazione di un insieme di diversi composti, tra i quali, oltre all’ozono, si trovano nitrati e solfati (costituenti del particolato fine), perossiacetilnitrato (PAN), acido nitrico e altro ancora, che nell’insieme costituiscono il tipico inquinamento estivo detto smog fotochimico. A differenza degli inquinanti primari, le cui concentrazioni dipendono direttamente dalle quantità dello stesso inquinante emesse dalle sorgenti presenti nell’area, la formazione di ozono è quindi più complessa. La chimica dell’ozono ha come punto di partenza la presenza di ossidi di azoto, che vengono emessi in grandi quantità nelle aree urbane. Sotto l’effetto della radiazione solare (rappresentata di seguito con hν), la formazione di ozono avviene in conseguenza della fotolisi del biossido di azoto:
NO2 + hν → NO + O* (1)
L’ossigeno atomico, O*, reagisce rapidamente con l’ossigeno molecolare dell’aria, in presenza di una terza molecola che non entra nella reazione vera e propria ma assorbe l’eccesso di energia vibrazionale e pertanto stabilizza la molecola di ozono che si è formata:
O* + O2 + M → O3 + M (2)
Una volta generato, l’ozono reagisce con l’NO, e rigenera NO2:
NO + O3 → NO2 + O2 (3)
Le tre reazioni descritte formano un ciclo chiuso che, da solo, non sarebbe sufficiente a causare gli alti livelli di ozono che possono essere misurati in condizioni favorevoli alla formazione di smog fotochimico. La presenza di altri inquinanti, quali ad esempio gli idrocarburi, fornisce una diversa via di ossidazione del monossido di azoto, che provoca una produzione di NO2 senza consumare ozono, di fatto spostando l’equilibrio del ciclo visto sopra e consentendo l’accumulo dell’O3. Le concentrazioni di ozono raggiungono i valori più elevati nelle ore pomeridiane delle giornate estive soleggiate. Inoltre, dato che l’ozono si forma durante il trasporto delle masse d’aria contenenti i suoi precursori, emessi soprattutto nelle aree urbane, la concentrazioni più alte si osservano soprattutto nelle zone extraurbane sottovento rispetto ai centri urbani principali. Nelle città, inoltre, la presenza di NO tende a far calare le concentrazioni di ozono, soprattutto in vicinanza di strade con alti volumi di traffico. - Fonte: ARPA Lombardia -
Il particolato atmosferico aerodisperso è costituito da una miscela di particelle solide e liquide, di diverse caratteristiche chimico-fisiche e diverse dimensioni. Esse possono essere di origine primaria, cioè emesse direttamente in atmosfera da processi naturali o antropici, o secondaria, cioè formate in atmosfera a seguito di reazioni chimiche e di origine prevalentemente umana. Le principali sorgenti naturali sono erosione e risollevamento del suolo, incendi, pollini, spray marino, eruzioni vulcaniche; le sorgenti antropiche si riconducono principalmente a processi di combustione (traffico autoveicolare, uso di combustibili, emissioni industriali). L’insieme delle particelle sospese in atmosfera è chiamato PTS (Polveri Totali Sospese). Al fine di valutare l’impatto del particolato sulla salute umana si possono distinguere una frazione in grado di penetrare nelle prime vie respiratorie (naso, faringe, laringe) e una frazione in grado di giungere fino alle parti inferiori dell’apparato respiratorio (trachea, bronchi, alveoli polmonari). La prima corrisponde a particelle con diametro aerodinamico inferiore a 10 Km (PM10), la seconda a particelle con diametro aerodinamico inferiore a 2.5 Km (PM2.5). Attualmente la legislazione europea e nazionale ha definito valori limite sulle concentrazioni giornaliere e sulle medie annuali per il solo PM10, mentre per il PM2.5 la comunità europea in collaborazione con gli enti nazionali sta effettuando le necessarie valutazioni. - Fonte: ARPA Lombardia -
GAS SERRA
L’anidride carbonica (CO2): la causa principale dell’effetto serra accelerato (dovuto alle attività umane) è l’anidride carbonica, responsabile per oltre il 60% di questo effetto accelerato. Nei paesi industrializzati, il CO2 costituisce oltre l’80% delle emissioni di gas ad effetto serra. - Fonte: Commissione Europea -
Il metano (CH4): la seconda causa dell’effetto serra accelerato in ordine di importanza è il metano. Dall’inizio della rivoluzione industriale, le concentrazioni di metano nell’atmosfera sono raddoppiate, contribuendo per il 20% all’accelerazione dell’effetto sera. Nei paesi industrializzati il metano è responsabile in media del 15% delle emissioni. Le fonti di origine umana sono costituite dall’attività mineraria e dallo sfruttamenti dei combustibili fossili, dall’allevamento di bestiame (gli animali si nutrono di piante che fermentando nel loro stomaco esalano metano, contenuto anche nel letame), dalla coltivazione del riso (le risaie producono metano in quanto le materie organiche al suolo si decompongono in mancanza di ossigeno sufficiente) e dalle discariche (anche in questo caso, le materie organiche si decompongono in mancanza di ossigeno sufficiente). Rilasciato nell’atmosfera, il metano intrappola il calore con un’efficienza 23 volte superiore a quella del CO2, anche se il suo ciclo è più breve, fra i 10 e i 15 anni. - Fonte: Commissione Europea -
Protossido di Azoto (N2O): il protossido d'azoto è emesso naturalmente dagli oceani, dalle foreste pluviali e dai batteri presenti nel suolo. Le fonti ascrivibili alle attività umane comprendono i fertilizzanti a base di nitrati, la combustione di combustibili fossili e la produzione di prodotti chimico-industriali con uso di azoto, per esempio nel trattamento dei liquami. Nei paesi industrializzati, l'N2O è responsabile del 6% circa delle emissioni ad effetto serra. Come il CO2 e il metano, l’ossido nitroso è un gas le cui molecole assorbono il calore che cerca di sfuggire nello spazio, e ha una capacità di assorbimento del calore 310 volte più elevata del CO2. Dall’inizio della rivoluzione industriale, le concentrazioni di ossido nitroso nell’atmosfera sono aumentate del 16% circa, contribuendo per un 4 - 6% all’accelerazione dell’effetto serra. - Fonte: Commissione Europea -